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Grande curiosità, ma anche emozione, per il ritorno di Zvonimir Boban alla Dinamo Zagabria. Come presidente, 34 anni dopo la sua partenza come giocatore verso il Milan, che prima lo prestò al Bari e poi se lo riprese quando il tesseramento degli stranieri (ma con soli tre in campo, fino al 1996: bei tempi) diventò libero. Di sicuro Boban è stato uno dei pochissimi grandi calciatori della storia a diventare un dirigente importante, non soltanto una figurina. Anche se va detto che dirigente lo è diventato per cooptazione, mai guadagnandosi voti e sporcandosi le mani. Nel 2016, dopo tanti anni da opinionista, imprenditore e in generale di impegno nel fare Boban, partì come segretario generale della FIFA, con l’attività centrata sullo sviluppo delle competizioni e sulla tecnologia applicata: dire che è il padre del VAR è vicino al vero, diciamo uno dei genitori. Nell’estate 2019 le dimissioni un po’ a sorpresa, per chi non conosce Boban, poco adatto per carattere a diventare una delle tante foglie di fico della gestione Infantino.
Di sicuro c’era pronto ad aspettarlo il Milan, ormai da un anno nelle mani di Elliott, con Gazidis amministratore delegato e Paolo Maldini, fresco direttore dell’area tecnica al posto del dimissionario Leonardo e grande sponsor proprio di Boban. Questi 9 mesi da CFO, Chief Football Officer (il calcio italiano era già entrato nel tunnel di queste cariche roboanti, salvo poi cercare i vecchi direttori sportivi maneggioni) del club rossonero sono di fatto l’unica esperienza di Boban come dirigente di club, in un periodo oltretutto difficile, con il Milan escluso dall’Europa League per violazioni del fair play finanziario.
Durante la gestione Boban l’arrivo di Massara come direttore sportivo e l’ingaggio di Giampaolo come allenatore, subito rinnegata per puntare su Pioli. In estate l'arrivo, fra gli altri, di Theo Hernandez e Rafael Leão, senza contare l’insistenza (di Boban, ma anche di Maldini) per il ritorno da giocatore di Ibrahimovic in gennaio, un Ibra poi risultato decisivo per galvanizzare l’ambiente. Insomma, qualcosa di calcio Boban capisce. Poi l’ostilità all’operazione Rangnick, voluta da Gazidis per impostare il Miland del futuro, e soprattutto il suo renderla pubblica in un'intervista gli costarono il licenziamento per giusta causa (che giusta non era, come avrebbe poi stabilito il tribunale) poco prima che tutto si interrompesse per il COVID.
Insomma, qualche scelta sbagliata, moltissime scelte giuste e di sicuro la grande personalità che aveva in campo: i pochi mesi di Boban dirigente vero sono finora stati questi. Dopo il Milan i quasi tre anni da Head of Football della UEFA, chiusi per contrasti con Ceferin, e la gestione delle mille attività, con la tentazione più volte rimandata di entrare in politica e il parcheggio come opinionista, di quelli che dicono qualcosa, a Sky. Adesso il ritorno a casa, a 57 anni, per trasmettere tutto ciò che ha imparato.
stefano@indiscreto.net
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