Giornale di critica e di politica sportiva fondato nel 1912

La sfida di Farina

La sfida di Farina

Addio al presidente di un grande Vicenza e del Milan pre-Berlusconi, le cui fortune nel calcio sono girate intorno ai 2 miliardi e 612 milioni di lire per Paolo Rossi 

2 giorni fa

  • Link copiato

Addio a Giussi Farina, presidente-icona di un calcio più umano anche se non per forza migliore (anzi) rispetto a quello di oggi. Inventore del Vicenza più forte di tutti i tempi ma anche in parte del miglior Milan della storia, visto che di fatto nel 1986 consegnò a Berlusconi una squadra con la migliore difesa del mondo e “sull’orlo del fallimento”, soltanto in teoria, visto che gli sarebbe bastato vendere un paio di giocatori per rientrare dal debito. Da allora Farina è sempre stato per il calcio un ex e intervistato in quanto ex: una pensione dorata finanziata dalle sue molteplici attività e durata quasi quaranta anni. Di sicuro il furbissimo imprenditore veneto è stato un antesignano per quando riguarda la multiproprietà: diventato presidente del Vicenza nel 1968, comprò e rivendette tante squadre di diverso livello, su tutte il Padova, fino appunto all’avventura con il Milan chiusa da politica e magistratura, oltre che da un suo accordo personale con Berlusconi con dettagli rimasti un segreto fra di loro. In anni successivi avrebbe tentato di rientrare nel calcio, nel Verona e nel Venezia, ma senza più il fuoco e la convinzione di prima: il sistema gli fece capire che era persona non gradita e lui capì, anzi aveva già capito. Perché comunque si giudichi Farina, non c’è alcun dubbio che la sua vita nel calcio abbia avuto un prima e un dopo la risoluzione della comproprietà di Paolo Rossi con la Juventus, insomma le famose ‘buste’. 

 

Tutto parte il 7 maggio 1978, ultima giornata di un campionato che il Vicenza allenato da G.B. Fabbri, squadra neopromossa e come livello dei giocatori quasi da lotta per la salvezza, festeggia il suo secondo posto giocando l’ultima partita di campionato sul campo della Juventus campione d’Italia e appunto comproprietaria di Paolo Rossi, che di lì a poco inizierà a fare la storia del calcio al Mondiale argentino. Il Vicenza gioca bene, Rossi segna anche un gol diventando capocannoniere con 24, ma perde 3-2 e tutti festeggiano, tranne Farina che da giorni sta tentando di trattare con Boniperti per riscattare Rossi. Ma il presidente della Juventus ha idee esattamente opposte: rivuole tutto Rossi, anzi il nuovo Rossi, visto che ai tempi della Primavera bianconera Rossi faceva l’ala, era sempre infortunato e a dirla tutta non sembrava un fenomeno. Nessuno però crede al presidente del Vicenza che si metta davvero a fare la guerra a Boniperti, alla Juventus, a tutto ciò che gli Agnelli e la FIAT rappresentano nell’Italia di quegli anni. Non ci crede nemmeno Paolo Rossi, convinto che i due presidenti abbiano già un accordo, vantaggioso per il Vicenza, per un suo ritorno in bianconero. In ogni caso la situazione si deve decidere prima della spedizione mondiale, per non disturbare gli azzurri con voci di mercato (altri tempi, in questo caso migliori), così si arriva alla sera di giovedì 18 maggio in cui si aprono le famose buste con le offerte di Juventus e Vicenza per l’altra metà di Rossi: 2 miliardi e 612 milioni di lire la cifra del Vicenza, 875 milioni quella della Juventus. Una differenza di valutazione clamorosa, che dà al Vicenza l’intero cartellino (altri tempi, lo abbiamo già detto) di Rossi alla valutazione allora astronomica di 5 miliardi e 224 milioni di lire: record italiano, battuti i 2 miliardi dell’anno prima per Virdis dal Cagliari alla Juventus (che di fatto ha valutato Rossi meno di Virdis), ma soprattutto record mondiale.

 

Invece di applaudire il sacrificio del Vicenza, ispirato da una soffiata sbagliata e in malafede giunta all’orecchio di Farina, i media a reti quasi unificate si esibiscono subito in tirate contro l’immoralità di certe cifre nel calcio. Carraro si dimette dalla presidenza della Lega (ma lo rimane della FIGC, dobbiamo ripetere 'altri tempi'?), senza un vero perché, e contro i 5 miliardi e passa di Rossi si esprime anche il sindacato calciatori, anche in questo caso senza motivo. Farina coglie subito il punto della questione: “Chissà se Carraro si sarebbe dimesso, con la Juventus vincitrice alle buste”. Nelle settimane successive Farina non aumenta le simpatie del Palazzo nei suoi confronti, criticando Bearzot per il modo in cui utilizza Paolo Rossi, da gregario di Bettega: “Tanto vale che giochi Graziani”. E G.B. Fabbri rincara la dose: “Rossi dà ai compagni 6 o 7 palle gol a partita ma nessuno fa lo stesso con lui”. In mezzo a tutto questo c’è il futuro campione del mondo, imbarazzato perché ha un buonissimo rapporto con Farina ma al tempo stesso sa che presto dovrà lasciare un Vicenza non in grado di pagarlo (nella stagione appena finita gli incassi sono stati di circa un miliardo e 600 milioni, meno di quanto speso per la sua metà), per la Juventus o un altro grande club. Il sistema perdonerà Rossi, per i successivi (e piccolissimi, pensando alle ‘ludopatie’ di oggi) sbagli, ma non Farina.

 

stefano@indiscreto.net

Condividi

  • Link copiato

Commenti

Loading...





















Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi